Perchè abbiamo domesticato gli animali?

Di questi tempi si parla molto spesso di quanto siano inquinanti gli allevamenti intensivi (lo ridiciamo anche qui per dovere di cronaca: il 14,5% delle emissioni di CO2 sono prodotte dagli allevamenti, dato FAO – il Worldwatch Institute però sostiene addirittura il 51% – per questo ti rimando al libro Possiamo salvare il mondo prima di cena di Jonathan Safran Foer, dove in appendice fa un excursus molto approfondito del perchè e del per come).
Da anni si parla poi di diritti degli animali: ci sono tantissimi documentari e libri che puoi consultare in merito, da Dominion a Se niente importa.

Ma ti sei mai chiest* perchè domestichiamo gli animali? Da quando lo facciamo? E perchè proprio questi animali? Perchè mucche e pecore e non zebre?

La domanda non me la sono posta io, ma l’ha posta Jared Diamond nel suo “Armi, acciaio e malattie”. E proprio dalla lettura di questo libro ho ricavato queste informazioni e riflessioni.

Prima fu l’agricultura: siamo nel 8500 a.C. e nella regione della Mezzaluna Fertile (la zona del Tigri e dell’Eufrate, l’abbiamo studiata a scuola, ricordi?). Con la domesticazione delle piante arrivò la necessità di domesticare anche gli animali, ma non animali qualsiasi: “Definiamo un  candidato per la domesticazione un mammifero terrestre erbivoro od onnivoro (e non principalmente carnivoro) che pesi in media più di 45 chili”.

Ho sottolineato erbivoro per un motivo molto semplice: gli erbivori sono più facili da nutrire.

“Ogni volta che un animale si nutre di una pianta o di un altro animale, la massa del consumato si converte in quella del consumatore con una efficienza del 10 per cento circa. Quindi ci vogliono 5 tonnellate di mais per avere una mucca da 500 chili. Se invece volete allevare un carnivoro dello stesso peso, avrete bisogno di 5 tonnellate di erbivori, cioè 50 tonnellate di mais”

Non sono mai stata brava in matematica, ma se mi hai seguito avrai capito che, riducendo all’osso il concetto, allevare un carnivoro costa di più.

Questa edizione è del 1997, ne è uscita una nuova con una postfazione del 2017

Quello delle abitudini alimentari è quindi il primo criterio per scegliere il nostro mammiferone.
Il secondo è il tasso di crescita: un animale da allevamento deve crescere velocemente.
Il terzo ha a che fare con la riproduzione: anche gli animali, alcuni almeno, non gradiscono essere guardati mentre si accoppiano. Sceglieremo quelli che non se ne vergognano.
Ovviamente poi c’è il carattere, il quarto criterio: non possiamo di certo domesticare animali aggressivi e feroci. Devono essere buoni e calmi.
Quinto e sesto criterio vanno a braccetto: tendenza al panico e struttura sociale. I nostri candidati sono animali lenti, che non fuggono quando sentono il pericolo, ma mantengono la posizione e si rifugiano nel branco. Sono fortemente territoriali  e vivono in una struttura gerarchica organizzata, in cui l’uomo può facilmente inserirsi e sostituirsi al capo branco.

“Queste specie si lasciano facilmente ammassare in mandrie, perchè gli individui tollerano la reciproca presenza. […] Non si innervosiscono se ammassate nei recinti, visto che sono abituate a vivere in gruppi numerosi”

Con la nascita delle città, l’aumento della popolazione, le conquiste, i balzi avanti della tecnologia sono arrivati gli allevamenti intensivi, i sistemi di macellazione a ritmi  frenetici, le sofferenze, i wet markets, le zoonosi e compagnia. Ma di questo ne parleremo un’altra volta.

Domani 14 Giugno è la Giornata internazionale contro il trasporto di animali vivi, istituita nel 2015 per ricordare le 13.000 pecore che in quell’anno partirono dalla Romania e arrivarono, dopo 24 giorni di viaggio, in Somalia. Tutte e 13.000 morte per sete, fame o sfinimento.

Credit foto Animal Equity Italia

Dalle 11.00 fino alle 13 Animal Equity Italia darà il via a un Tweetstorm per dire BASTA al trasporto a lunga distanza: pubblicheranno una lista di tweet da condividere insieme alle istruzioni per poter “ritwittare”. Potete iscrivervi all’evento su FB per maggiori informazioni.

Qui invece puoi firmare la petizione del CIWF (Compassion in World Farming) per un futuro senza allevamenti intensivi.

Infine, lasciatemi scoccare questa freccia sottile dal mio arco. Abbiamo detto a un certo punto che nutrire un mammifero carnivoro superiore a 45 chili costa di più, in termini di risorse e di costi, che nutrire un mammifero erbivoro dello stesso peso.
E noi esseri umani che cosa siamo se non mammiferi over 45 chili?
Ai posteri l’ardua sentenza, ma intanto io un’idea me la sono fatta, e tu?

Published by Le citazioni della fè

Sostenibilità in pillole

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